Economia e Società

La crescita come dogma del capitalismo insostenibile: ci rende davvero felici?

Da decenni ormai sentiamo parlare economisti, politici, ministri, politologi e giornalisti, di crescita, un concetto astratto divenuto dogma, che fa riferimento alla necessità del sistema capitalistico di incrementare ogni anno il PIL (prodotto interno lordo), ossia la quantità di beni prodotti e auspicabilmente venduti e dunque “consumati” dal mercato, ossia dalle persone e dalle aziende.

Peccato che questo paradigma prima oltre alle merci stia consumando il pianeta oltre che le persone, nel primo caso stiamo assistendo ad un ecosistema depredato e sempre più incapace di rigenerarsi, oltre che inquinato e pericolosamente malmesso nelle sue strutture ed equilibri fondamentali, nel secondo, come disse nel suo celebre video “monologo sulla felicità” Tiziano Terzani.

Assistiamo a nel mondo a miliardi di persone che conducono vite frenetiche, stressate e alienate, lavorando 8 o 10 ore al giorno per produrre merci che altre persone lavoreranno 8 o 10 ore al giorno per comprare.

https://www.youtube.com/watch?v=n61VzOixOnA

In tutto questo delirio, il mantra della crescita ci viene ripetuto quasi ossessivamente, affinchè sia l’unico dogma su cui non si possa prescindere, su cui si debba reggere tutta l’impalcatura della nostra società, non a caso la società dei consumi.

Il vero problema a mio parere non risiede sul fatto che ci possa o debba essere una società che evolve anche nei consumi e nella capacità di produrre merci e beni, utili a migliorare la qualità della nostra vita e l’evoluzione umana, quanto piuttosto il fatto che la produzione ed il consumo debbano essere, come dicevano i greci antichi, secondo misura. Non possiamo pensare di produrre merci a discapito del pianeta in cui vivimo, ne di consumare merci e beni consumando al contempo la qualità delle nostre vite e la nostra salute psico fisica e mentale.

In un sistema industrializzato che ha alle porte l’automazione industriale e il machine learning, come possiamo ritentere che l’obiettivo di una società e di uno Stato sia del tutto assimiliabile a quello di una Holding?

Il paradigma mostra chiaramente tutte le sue lacune, ma a non volerlo vedere sono tutte quelle categorie, che i più chiamano elite, che dominano il sistema capitalistico e produttivo, le quali vedono nella sua conservazione, una conservazione del proprio potere, sia economico che socio politico.

Il punto a mio avviso sta proprio qui, ossia dato dal fatto che le masse, ossia coloro che rappresentano gli ingranaggi di questo sistema, accettano il sistema stesso, in modo acritico e senza porre mai una riflessione strutturata e una critica o qualsivoglia obiezzione. Assistiamo ad una civiltà di persone che corre come il criceto nella sua ruota, drogato dall’illusione di una felicità sempre più transitoria, data dal bene di consumo, dall’ultimo acquisto, o dall’illusione di poter un domani, facendo una qualche carriera, poter guadagnare quei soldi che gli permetteranno di esibire uno status simbol ed una realizzazione economica, data da beni di lusso e di consumo. Intanto queste moltitudini, nel mentre corrono appresso a queste illusioni a scapito vita vivibile e piacevole, si consolano con l’ostentazione di una felicità finta, esibita puerilmente su Instagram e sui rimanenti social media.

Queste masse inebetite dal dogma e dal proprio ego, dimenticano di porsi la domanda che qualasiasi persona dovrebbe porsi quasi ogni giorno, ossia chiedersi: ma sono felice?

Credo che se i più si facessero questa domanda, comprenderebbero come stiano sprecando la vita correndo dietro ad una illusione, ad una bugia raccontata da chi ha interesse a renderla vera, si domanderebbero agevolmente, ma tutte le persone ricche che posso osservare nella società, sono felici?

Ecco basterebbe questo per comprendere come non sia la ricchezza a darci la felicità, ma semmai la qualità delle nostre relazioni umane, del nostro stile di vita e del tempo che abbiamo da vivere secondo le modalità che noi scegliamo. Costoro potrebbero agevolmente scoprire, che la vera ricchezza è data da tutte quelle cose che non possiamo comprare coi soldi.

la felicità è data da tutte quelle cose che non possiamo acquistare, come le belle relazioni, potrebbero scoprire come è più sia spesso assai più felice un 15 enne squattrinato di un 50 enne in carriera, di come anche salute, bellezza e il tempo, siano aspetti cardinali della vita insostituibili e non sul mercato.

Serve dunque un nuovo paradigma, basato sull’uomo e sulla felicità piuttosto che sulla crescita.

Quando le masse si sveglieranno dall’ipnosi della ruota del criceto, forse inizieranno a comprendere quanto sopra, molti stanno scendendo da quella ruota, altri si stanno stancando di correrci, nel mentre l’ecosistema sta mostrando tutte le sue crepe, dove politici ed industriali pensano di mettere qualche toppa con qualche accorgimento green qua e la, per altro in gravissimo ritardo.

Nel mentre a chi volesse avviarsi verso un nuovo modello di vita, il mio consiglio rimane quello di scendere quanto prima dalla ruota e di crearsi uno stile di vita su misura, in grado di regalare qualità alle proprie giornate, relazioni, tempo libero e quel pizzico di poesia che da veramente senso alla vita.

Per farlo il digitale e la tecnologia possono venirci in aiuto, sia che si tratti di un ventenne che non vuole diventare l’ennesimo ingranaggio del sistema, che di un professionista o imprenditore che vuole ritrovare il piacere di governare la sua vita e non di essere vittima del suo business e del sistema che lo costringe a correre sulla ruota.

Saper evolvere il proprio modello di business in un business passivo (passive incame) e liquido, è uno degli elementi fondamentali per avviare questo processo o per costruirlo nel caso di un giovane, le possibilità di business sono diverse, le metodologie e le strategie invece hanno una loro struttura e vanno comprese e gestite, ma rappresentano ad oggi per i più uno dei pochi modi per scendere davvero dalla ruota senza diventare poveri, ma al contrario potendo sostenere modelli di business ricchi e profittevoli.