Economia e Società

Scopriamo il futuro dello shopping e come cambierà il retail.

Ebbene si, il futuro dei negozi fisici ed il futuro dello shopping si adeguano sempre più ai nuovi gusti emergenti, in particolar modo dei millennials. Diversi studi recenti attestano che circa il 70% dei nostri comportamenti d’acquisto è guidato dalle emozioni, tra le varie ricerche scientifiche, infatti, emergono alcuni numeri interessanti: il 25% degli intervistati ha dichiarato di aver visitato l’intera superficie del negozio, quando, dalle rilevazioni effettuate tramite strumenti IOT, è stato rilevato che il campione protagonista dello studio aveva visitato circa il 2% della superficie. Un altro studio ha dimostrato che i consumatori dei grandi magazzini dicono di seguire con attenzione promozioni e sconti, ma emerge che non conoscevano la scontistica di circa il 50% dei prodotti acquistati nella giornata. Si stima che gli shopper consultino circa 10,4 fonti prima di acquistare (e questo vale anche per l’online), per poi non sapere veramente perché hanno acquistato quello che hanno acquistato.

Ma che cosa è lo shopping?

Una risposta interessante ci viene da alcuni studiosi che lo categorizzano essenzialmente come un processo di decision making. Possiamo dire infatti che stiamo facendo shopping quando entriamo in una boutique, quando andiamo a comprare il pane, quando scegliamo in quale palestra iscriverci, similmente a quando decidiamo da quale specialista andare per un consulto medico. Lo shopping dunque è fondamentalmente un processo di decisione e di scelta, per questo possiamo dire che siamo tutti l’uno il cliente dell’altro. Il nostro decision making si basa sul processo di semplificazione dell’informazione, meglio detto, dagli studiosi dei processi neurocognitivi, principio di economia cognitiva. Sembra infatti che il nostro cervello tenda a semplificare i processi decisionali per risparmiare energia e in questo si inserisce, in maniera importante, la sfera emozionale che prende sovente il sopravvento rispetto a quella puramente logico-razionale. Un altro aspetto fondamentale del decision making è l’attenzione, la dove oggi siamo bombardati  da moltissime informazioni provenienti da fonti disparate. Capiamo dunque che in questo contesto diventa difficile essere focalizzati in un processo logico-razionale utile alla valutazione di decisioni da prendere sovente in modo piuttosto rapido.

giovani e human marketing

Se i millennials non sono più come i loro padri

In relazione a tutto questo si collegano per altro importanti studi sui comportamenti di acquisto dei millennials, da cui emergono dati particolarmente interessanti e potenzialmente rivoluzionari. Pare infatti che ben il 78% dei millennials, preferirebbe un’esperienza ad un possesso, ossia per i giovani nati dal 2000 in poi, ma questo fenomeno si osserva anche nelle generazioni precedenti, non ha più particolare importanza possedere oggetti, ma è assai più interessante fare esperienze gratificanti da poter poi condividere. Sembra che i giovani abbiano capito, forse non a torto, che sono le esperienze che formano il bagaglio di quello che diventiamo e che, fondamentalmente, sono queste che ci portiamo dietro nel percorso della nostra vita. In modo del tutto coerente con questa visione, si osserva che i giovani non condividono quello che possiedono, ma piuttosto quello che fanno, ossia dove sono, con chi, e fondamentalmente l’emozione del momento che stanno vivendo.

Dobbiamo quindi dire che è finita l’era de “io ciò il Mercedes e la barchetta”?  a quanto pare si!.

E dunque i brand?

I dati stimano che solo nel 2017 abbiano chiuso oltre 8.400 negozi di brand e catene negli Stati Uniti, nel frattempo l’e-commerce esplode con un +24% all’anno e Amazon è diventato il principale store di abbigliamento in America, ma anche nella vendita di Libri e probabilmente di diversi altri comparti merceologici.  Intanto in Cina, Alibaba vende nel single’s day prodotti per 143 milioni di dollari in un minuto, che è più o meno la stessa cifra che realizzano nel mondo tre dei principali store H&M in un anno. Gli esperti dicono che siamo solo al primo stadio dell’e-commerce, dunque cosa sta uccedendo? Fino a qualche tempo fa si sosteneva che fosse la normale transizione dall’offline all’online,  e questo sicuramente in parte è vero, ma probabilmente c’è qualcosa di più profondo in atto, potremmo preconizzare che siamo agli albori di una rivoluzione. Se l’online è il luogo dell’acquisto, gli stores diverranno il luogo dell’esperienza emozionale mentre lo store è diventato l’e-store, gli store diventano media. Se il sito internet è passato dall’essere una semplice vetrina pubblicitaria al cardine dei processi di vendita, allo store fisico viene richiesto sempre più di divenire luogo dell’esperienza, del legame tra brand e consumer, della lifestyle e del decision making che, come abbiamo visto, coinvolge lo shopping. Vediamo dunque come, in questo contesto, l’emozione dell’esperienza divenga ancor più il cardine su cui si gioca il processo d’acquisto e di fidelizzazione dei clienti, in uno scambio che diviene sempre più empatico ed emotivo e che esula dal prodotto fine a se stesso; diverrà fondamentale entrare nelle stanze dell’esperienza emotiva del cliente come persona e non più solo come mero consumatore. D’altro canto, cos’è un brand se non che un network di associazioni emotive e cognitive nel cervello di una persona?!

Questo è quanto emerge dagli studi, e questo è ciò che i clienti del prossimo futuro chiederanno ai brand ed al concetto di store, dunque al concetto di shopping, il quale ne esce chiaramente rivoluzionato.

E dunque il prodotto? diverrà un epifenomeno, completamente secondario

Apple è forse il primo grande brand che ha colto questa rivoluzione in anticipo, proponendo l’apertura di “town center” nelle grandi città statunitensi ed europee, ma sempre di più sono i grandi brand che stanno dirottandosi verso i negozi esperienziali, luoghi dove provi di tutto in ambienti hi-tech emozionalmente coinvolgenti, che ricordano dei luna-park, per poi comprare online; e il prodotto? diviene completamente secondario. Mentre il brand si propone di guidare il cliente verso nuove scoperte ed esperienze life style, accompagnate da prodotti che rispecchino i loro comuni valori, il prodotto diventa il mezzo. Potremmo dire quindi che i negozi del domani dovranno avere il punto di vista di un magazine, aggiornarsi quanto una galleria d’arte, e vendere come un negozio indirizzando il cliente online. Centrale, quindi, diverrà la capacità di raccontare storie e proporre esperienze, perché dietro ogni storia c’è la capacità di immedesimazione di chi la ascolta, del resto siamo “animali sociali”.

Gli stores diventeranno molto più hi-tech e coinvolgenti come dei luna- park

In tutto questo diverrà protagonista la tecnologia, che, tramite IOT “internet delle cose” e machine learning, si renderà capace di creare quella connessione fra clienti e brand, permettendo la creazione di flussi di dati e di informazioni particolarmente preziose per conoscere a fondo gradimento e comportamenti dei clienti stessi. In questa, che si configurerà sempre più come una relazione, il concetto di brand dovrà sdoganarsi dal concetto di omologazione, per riconfigurarsi nella capacità di vestire le singole personalità dei propri clienti, in modo sempre più preciso e coerente. Questa è la sfida a cui saranno chiamati nei prossimi anni i brand e gli store, chi saprà essere maggiormente capace di soddisfare questo nuovo paradigma, saprà cogliere i vantaggi in ottica di business e dunque anche competitiva. Redatto da: Antonino Merlo